I noduli tiroidei sono annoverati tra le alterazioni più diffuse della tiroide e, nella maggior parte dei casi, sono innocui o addirittura invisibili, poiché spesso non causano disturbi. Solo nel momento in cui i noduli iniziano a crescere, possono causare una sensazione di pressione o difficoltà a deglutire.
I noduli tiroidei sono relativamente comuni e aumentano con l’avanzare dell’età, con una maggiore predisposizione delle donne a manifestare alterazioni della tiroide rispetto agli uomini. Le persone colpite devono sapere che un nodulo tiroideo non è equiparabile a uno struma (cioè un gozzo), ma nei pazienti con uno struma è più probabile che si formino noduli nella zona della tiroide.
In alcuni casi, tuttavia, un nodulo di questo tipo può portare a una diagnosi di cancro alla tiroide, pertanto è consigliabile sottoporsi a una visita medica e, se necessario, a un trattamento adeguato.
I noduli tiroidei si formano quando le cellule in aree distinte della tiroide si moltiplicano e/o si ingrossano notevolmente. I noduli si contraddistinguono per il tipo diverso di crescita: mentre alcuni crescono solo in misura limitata, altri diventano sempre più grandi. D’altra parte, è possibile che un nodulo tiroideo scompaia da solo.
All’inizio tutti i noduli tiroidei sono piccoli. Di conseguenza alcuni noduli rimangono piccoli, altri continuano a crescere e raggiungono dimensioni tali da creare difficoltà di deglutizione nonché causare raucedine o il cosiddetto bisogno continuo di schiarirsi la gola oppure una sensazione di pressione generalizzata al collo.
Inoltre è possibile che il nodulo stesso diventi sensibile alla pressione e quindi causi dolore. Questo può accadere soprattutto quando il nodulo si forma in associazione ad uno struma, cosicché la tiroide è già ingrossata nel complesso.
Inoltre un nodulo caldo può causare sintomi indiretti, quando contribuisce alla produzione di una quantità troppo elevata di ormoni tiroidei da parte della tiroide. In questi casi insorgono gli stessi disturbi di un’iperattività della tiroide, il cosiddetto ipertiroidismo.
La formazione di un nodulo tiroideo può essere causata, tra l’altro, dalle seguenti patologie:
I noduli tiroidei vengono spesso rilevati per caso durante un esame di controllo della regione del collo. Per questo motivo le persone che hanno la sensazione che la loro tiroide sia cambiata o ingrossata, dovrebbero in ogni caso consultare un medico. Infatti, solo nel corso di una visita medica è possibile stabilire di che tipo di nodulo si tratta e se è necessario iniziare o meno una terapia adeguata.
Analisi del sangue periodiche con controllo dei valori degli ormoni tiroidei possono essere utili per individuare tempestivamente noduli tiroidei. Tuttavia, poiché questi noduli spesso non comportano alterazioni ormonali, è consigliabile che la tiroide venga controllata periodicamente da un medico anche se i valori ematici rientrano nella norma.
Se si sospetta la presenza di un nodulo tiroideo, si procede innanzitutto alla raccolta delle informazioni sulla storia clinica, la cosiddetta anamnesi, e il medico cerca, tra l’altro, di scoprire quando il paziente ha notato per la prima volta le alterazioni della tiroide, se il nodulo è cresciuto da allora e se sono insorti disturbi (in caso affermativo, di che tipo). Poi è compito del medico distinguere i noduli benigni da quelli maligni.
L’anamnesi è seguita da un esame obiettivo. Il medico esamina mediante palpazione la tiroide e i linfonodi, che rappresentano una componente del sistema di difesa del corpo umano, prestando particolare attenzione a possibili alterazioni di natura maligna, come una superficie nodulare marcatamente in rilievo o una capacità scarsa di spostamento del nodulo durante la deglutizione.
Segue poi un esame ad ultrasuoni, la cosiddetta ecografia. In genere è possibile rilevare noduli di dimensione pari o superiore a tre millimetri. Se il nodulo è più grande di un centimetro oppure se un precedente esame del sangue ha evidenziato uno squilibrio ormonale, la scintigrafia rappresenta lo strumento medico di elezione. Questa tecnica consente al medico di classificare il nodulo e di stabilire se si tratta di un nodulo freddo o caldo.
Se il risultato della scintigrafia conferma la presenza di un nodulo tiroideo freddo, viene prelevato un campione di tessuto (termine medico: biopsia) per escludere che il nodulo sia maligno, ossia contenga cellule tumorali. A tal fine, il medico introduce nel nodulo un ago molto sottile sotto controllo ecografico, la cosiddetta agobiopsia (acronimo: FNAC) e preleva alcune cellule che vengono successivamente esaminate al microscopio da un patologo per individuare la presenza di cellule tumorali, la cosiddetta diagnosi basata su biopsia tissutale.
I piccoli noduli benigni di solito non richiedono alcun trattamento. Tuttavia, ai pazienti con noduli tiroidei viene consigliato di sottoporsi a un esame periodico della tiroide effettuato da uno specialista. Solo in questo modo è possibile rilevare tempestivamente eventuali cambiamenti del nodulo e anche un’alterazione della funzione della tiroide non passa inosservata per troppo tempo.
In linea di massima, in presenza di un nodulo tiroideo si possono prendere in considerazione tre opzioni di trattamento:
Con la terapia corretta e gli opportuni controlli medici regolari, i noduli tiroidei benigni possono generalmente guarire e anche i tumori maligni della tiroide hanno prevalentemente una prognosi favorevole.
È stato inoltre dimostrato che un’alimentazione equilibrata e un apporto adeguato di iodio possono contrastare la comparsa di noduli tiroidei e altre patologie della tiroide.
Un intervento chirurgico alla tiroide influisce sempre sull’equilibrio ormonale del paziente, indipendentemente dalla quantità di tessuto tiroideo asportato. Valgono le seguenti indicazioni: minore è la quantità di tessuto asportato, minore è la diminuzione dei livelli ormonali. Maggiore è la quantità di tessuto asportato, minore è il rischio di comparsa di nuovi noduli o alterazioni della tiroide.
Il follow-up in caso di intervento chirurgico alla tiroide comprende, da un lato, la regolazione (farmacologica) ottimale degli ormoni tiroidei e, dall’altro lato, la migliore prevenzione possibile delle recidive della malattia (definita anche profilassi delle recidive). I medicamenti da somministrare dipendono dal tipo di nodulo tiroideo e dalle dimensioni della porzione residua della tiroide. Se la tiroide deve essere completamente asportata, è necessario attuare una terapia ormonale sostitutiva a vita con tiroxina.
La distinzione tra noduli tiroidei «freddi» e «caldi» dipende dal fatto che il nodulo produca o meno ormoni tiroidei. I noduli freddi producono pochi ormoni o nessuno, mentre i noduli caldi producono una quantità più alta di ormoni tiroidei rispetto al resto del tessuto tiroideo e sono molto più rari di quelli freddi.
Questi termini che identificano i due tipi di noduli derivano dalla scintigrafia, un esame di medicina nucleare che permette di distinguere i noduli tiroidei freddi da quelli caldi. Nel corso di una scintigrafia al paziente viene iniettato un liquido contenente iodio radioattivo, che raggiunge la tiroide attraverso la circolazione sanguigna. Un nodulo tiroideo che produce ormoni, ovvero un nodulo caldo, necessita di molto iodio. Inversamente, ciò significa che lo iodio radioattivo si fissa maggiormente in un nodulo caldo. Qui si disgrega rilasciando radiazioni radioattive, che possono essere visualizzate con l’ausilio di un’apposita telecamera. L’area interessata è identificata come zona giallo-rosso, cioè con colori caldi. Per contro, i tessuti in cui la produzione ormonale è scarsa o nulla assorbono una quantità esigua di iodio radioattivo – la telecamera mostra queste aree nei colori blu-viola, cioè con colori freddi.
La maggior parte dei noduli tiroidei è costituita da un tessuto benigno, chiamato anche adenoma. Questo nodulo tiroideo caldo di natura benigna, che produce ormoni, si forma solitamente in seguito a una carenza di iodio.
Se la tiroide riceve una quantità troppo bassa di iodio, secerne ormoni e le cellule tiroidee si moltiplicano. Inoltre la ghiandola pituitaria, la cosiddetta ipofisi, secerne un ormone che stimola la produzione degli ormoni tiroidei, l’ormone tireostimolante (acronimo: TSH), e le cellule tiroidee si espandono, dando origine a un tumore benigno della tiroide che produce ormoni tiroidei in modo incontrollato, il cosiddetto adenoma autonomo.